Pat Foreste Demaniali

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La Foresta Demaniale di Paneveggio

Con una superficie complessiva di 4.379 ettari, è localizzata nel Trentino orientale tra la Valle di Fiemme e le Valli del Primiero e Vanoi.


L’ambiente

La foresta di Paneveggio copre la parte superiore della valle del Travignolo, costituita dai porfidi della Catena di Lagorai e delle cime di Bocche e Juribrutto e chiusa ad est dalle dolomie delle Pale di San Martino.  La foresta si estende dalla quota inferiore di 1450 m s.l.m. fino al limite della vegetazione forestale. L'altitudine media piuttosto elevata comporta un periodo vegetativo ridotto: di conseguenza limitato è anche il numero di specie forestali: l'abete rosso, che trova condizioni ottimali, si mescola con larice e pino cembro solo alle quote superiori, mentre le latifoglie sono presenti quasi esclusivamente come specie subordinate nelle fasi giovanili. Il ritmo di crescita delle piante è inoltre ridotto, con produzione di anelli legnosi annuali piuttosto ristretti.

Paneveggio ha una lunga tradizione di gestione ad alto livello ed è famosa in tutta Europa nel mondo forestale e degli utilizzatori del legno per la qualità della sua produzione: uno dei primi piani di gestione fu redatto dal Prof. Guttenberg dell'Università di Vienna, che la visitò più volte con i suoi studenti. Tuttora Paneveggio è meta privilegiata di visite tecniche da parte di Università e associazioni professionali forestali dall'Italia e dall'estero.

La gestione conservativa del passato ha coniato l'aspetto attuale della foresta, con un livello di biomassa fra i più elevati nei boschi del Trentino, che le conferisce quegli aspetti monumentali tanto apprezzati e permette di coniugare la funzione ricreativa e quella produttiva.

Il clima sub-alpino, le favorevoli condizioni pedologiche anche sui ripidi versanti, la qualità genetica dell'abete rosso locale (iscritto nel libro dei boschi da seme) e la gestione attenta e conservativa del bosco nel corso dei secoli, hanno contribuito ad una produzione di eccezionale qualità: una piccola parte della produzione viene indirizzata alla produzione di strumenti musicali (tavole armoniche per pianoforti e strumenti ad arco), grazie alla particolare qualità delle fibre e anche alla contemporanea presenza del cosiddetto legno di risonanza.  Il grosso della produzione, in virtù della particolare stabilità, elasticità e lavorabilità del legno di Paneveggio, trova utilizzazione nella falegnameria e nella produzione di infissi, nonchè come elemento strutturale nell'edilizia tradizionale e moderna.

La gestione forestale è improntata a criteri naturalistici, come in tutta la provincia di Trento, e ha l'obiettivo di migliorare la stabilità dei boschi, di ottenere la loro rinnovazione naturale e  di permettere il soddisfacimento delle funzioni protettive, produttive ed estetiche della foresta.  A Paneveggio i fattori che condizionano maggiormente la gestione forestale sono:

- le condizioni topografiche montane, che impongono il mantenimento della copertura del suolo

- la quota elevata, che comporta ritmi di crescita lenti ma che nei soggetti migliori perdurano a lungo, anche oltre i 200 anni di età

- periodo di rinnovazione molto lungo (60-80 anni) con un'elevata capacità delle piantine di sopportare la copertura per decenni

- una massiccia presenza di turisti, attratti dagli aspetti monumentali di alcuni tratti della foresta e da condizioni percepite come naturali.

La presenza del Parco Naturale Paneveggio - Pale di San Martino, che ricomprende per intero la foresta, è il riconoscimento del valore estetico e culturale della foresta, frutto di decenni di gestione forestale attenta e rispettosa dei valori naturalistici ed estetici.

I pascoli e le praterie alpine che fanno da cornice alla foresta costituiscono un altro elemento distintivo che caratterizza il paesaggio della proprietà demaniale.

I pascoli maggiormente produttivi sono quelli che si trovano nell’area di Passo Rolle con i complessi di malga Juribello – Agnelezza e malga Rolle – Costoncella.

In particolare la Malga Juribello, nata come stazione sperimentale per l'Alpicoltura e gestita in concessione dalla Federazione Allevatori Provinciale si segnala per l’attività di sperimentazione e ricerca applicata in materia di zootecnia di montagna, che ha portato al perfezionamento di specifiche attrezzature e modalità gestionali diffusesi anche fra le altre aziende del settore.

Meno vocati alla produzione ma di grande significato naturalistico sono gli altri due complessi pascolavi. Sul versante opposto a quello dei pascoli del Rolle, in destra orografica del rio Vallazza, è presente la malga Juribrutto –Agnelezza di Bocche. Questo complesso è utilizzato prevalentemente manze e vacche in asciutta, da ovini (praterie in quota) e da cavalli.  In destra orografica della Valbona, in un’area di tensione tra bosco e arbusteti, si trova la malga Colbricon - Buse dell’Oro, che in passato veniva caricata con cavalli, mentre attualmente è interessata da pascolo ovino.

 

La fauna

La foresta è costituita in riserva. Fino al 1982 si è esercitata una caccia di selezione con criteri restrittivi. Dopo tale data per decisione della Giunta provinciale il prelievo degli animali è effettuato solo per scopi strettamente sanitari. La gestione faunistica si attua attraverso campagne di analisi e di monitoraggio sia riguardo allo stato di salute degli animali, che dei danni alla vegetazione (in particolare alla rinnovazione forestale): con una rete di aree di saggio si valutano lo stato e la dinamica della rinnovazione naturale e i danni arrecati dagli ungulati (cervo, capriolo e camoscio).

Il cervo è stato reintrodotto negli anni 60, prima nel recinto tutt’ora presente a Paneveggio e poi all'esterno. Oggi ha ripopolato tutto il settore del Lagorai e buona parte del Trentino nord-orientale e viene cacciato nelle riserve confinanti. La popolazione della valle del Travignolo è in forte espansione: solo nella foresta si stima una presenza di 380 individui e la maggior parte delle arene di bramito del bacino. In inverno la maggior parte della popolazione si stabilisce sui versanti esposti a sud della parte inferiore della valle del Travignolo.

Il Capriolo è invece in forte regressione a causa della forte concorrenza spaziale col cervo, e popolazione stimata ammonta a soli 40 individui.

Anche la popolazione del camoscio è in deciso regresso a causa della rogna sarcoptica. All’interno della foresta demaniale si stima la presenza di poco più di 90 esemplari, presenti prevalentemente in sinistra orografica del Travignolo, in destra Val Venegia, sul Monte Castellazzo e nell’area compresa tra Valbona e Val Ceremana.

Attualmente la situazione del gallo cedrone, uno dei simboli della zona, a Paneveggio è negativa, come del resto anche sul restante territorio provinciale. Negli ultimi trent’anni, infatti, la specie ha perso in Trentino circa il 50% delle arene presenti e il 40% dei maschi cantori. Nelle Foresta Demaniale di Paneveggio, dopo il numero massimo di maschi (ben 17) osservato nel 1984, attualmente la popolazione si assesta su valori decisamente inferiori. Nel 2015 e nel 2017 è stato raggiunto il numero minimo, con due maschi per ciascun anno, mentre nel 2021 sono risaliti a 8. Delle 12 arene censite nel periodo 1989-2021, nel 2021 soltanto 5 erano ancora attive, ma 4 erano visitate da un solo maschio: un indicatore di una condizione non ottimale per la specie. Anche in considerazione della notevole estensione della superficie forestale, pari a circa 2800 ha, la stato di salute della popolazione di gallo cedrone attualmente presente a Paneveggio deve essere considerato particolarmente critico (dati aggiornati primavera 2022, cortese contributo del dottor Luca Rotelli)

Il gallo forcello registra invece negli ultimi anni un trend costante compreso tra i 12 e i 16 maschi censiti. La pernice bianca è presente nell’area più elevata della proprietà con 4 maschi adulti censiti nella primavera 2011. Tra gli altri tetraonidi si segnala la presenza del francolino di monte con un areale di distribuzione che occupa praticamente tutti i boschi della proprietà, mentre è praticamente assente la coturnice.

Tra i mammiferi si segnalano la volpe, il tasso, le lepri comune e variabile, la marmotta, lo scoiattolo, la martora, la faina, la donnola e l’ermellino.

Significativa anche la presenza di rapaci con l’aquila reale, lo sparviere, l’astore, il gufo reale, il gufo comune, l’allocco, la civetta, la civetta nana e il capogrosso.

 

 

La storia

L’uomo cominciò ad esercitare una pressione significativa sui boschi di Paneveggio solo con l’arrivo delle legioni romane, ed in seguito delle invasioni barbariche, dato che i nuovi coloni introdussero il commercio di legname e di prodotti secondari (carbone, resina, tannini, potassa).

Tra l’800 ed il 1200 d.C. cominciarono ad essere definiti i confini di proprietà tra le varie comunità e nel periodo 1310-1315 Paneveggio fu contesa tra i primieroti (patrocinati dal Principe vescovo di Feltre) e i fiemmesi (sostenuti dal Principe Vescovo di Trento) rimanendo gestita per metà dall’Ufficio Superiore Forestale di Cavalese e per metà da quello di Primiero.

Il momento di instabilità si dimostrò propizio per i conti del Tirolo che non solo ottennero numerosi possedimenti ma dal 1583 conquistarono l’intera proprietà di Paneveggio dove istituirono un ufficio forestale con ispettori e guardaboschi e stabilirono direttive e sanzioni per gestirne il patrimonio.

Lo sfruttamento del bosco continuò intensamente per tutto il 1500 e 1600, dalla foresta venivano asportati gli alberi più grossi e poi fluitati in Val d’Adige attraverso i torrenti Travignolo e Avisio oppure trainati da buoi fino al passo Valles per poi ridiscendere a Venezia tramite il Cordevole ed il Piave. I boschi assunsero già da allora una decisa struttura coetaneiforme che si impoverì durante il XVIII secolo a seguito di un nuovo boom demografico.

Il Governo Austriaco fu perciò costretto ad effettuare dei censimenti sul patrimonio e dal secondo decennio dell’800 diede il via all’uso di nuove tecniche selvicolturali che prevedevano il taglio raso con rimboschimento artificiale. Concomitantemente fu rafforzata la rete di infrastrutture forestali (strade ed edifici) e dal 1876 la foresta cominciò ad essere regolarmente assestata.

Paneveggio fu oggetto dell’attenzione di numerosi studiosi i quali, a partire da von Guttemberg, approfondirono lo studio dei popolamenti forestali della zona ma fu anche, suo malgrado, uno dei principali teatri della Grande Guerra essendo attraversata dalla linea del fronte.

Incendi, mine, bombe e forzosi tagli raso di notevoli estensioni danneggiarono gravemente il soprassuolo che divenne italiano solo dal 1916. Dal 1919 la proprietà passò al Demanio forestale di Stato, poi trasferita al demanio della Regione Trentino Alto Adige e infine alla Provincia Autonoma di Trento. Oggi, a distanza di quasi un secolo, la maggior parte dei danni sono stati rimarginati anche grazie alle cure attente del personale forestale e l’Agenzia provinciale per le foreste demaniali, che ha ora in carico questa e altre foreste di particolare rilievo, si propone di migliorarne ulteriormente il soprassuolo.

 

 

Numeri utili

Numero unico emergenze: 112

Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino

Promozione Turistica di Fiemme

 

Info e contatti

Stazione forestale demaniale di Paneveggio e Cadino
Località Paneveggio, 38037 Predazzo (TN)
Telefono 0462.576285/0461.499547
e-mail: staz.demanialepaneveggiocadino@provincia.tn.it

 

 
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